Critico e curatore d'arte
“Donne in Jazz” la musica è ovunque ad avvolgere la felice e chiara incidenza dell’occasione.
Gian Genta trasmette con sensibilità ed immediatezza lo spirito dei soggetti, resi con tratti decisi in perfetta sincronia di movimento e di colore, dove realtà e irrealtà si fondono in accordi cromatici di euritmica intuitività. In “Woman in cool jazz”, in “Woman in latin jazz”, in “Woman in free jazz”, libera i tratti somatici dal carattere materialistico e dà maggior peso alla musicalità del colore ed all’armonia atmosferica che non al disegno.
È interessante scorgere come sia nella pittura sia nella ceramica di Gian Genta vi sia un continuo progresso nell’evoluzione di forma e di significato che le figure femminili rappresentano. Un progresso che rimarca dell’artista quello che lo caratterizza senza possibilità di equivoci: un’impronta originale e fortemente espressiva.
Di fatto il suo spirito creativo e le sue qualità di forte colorista lo hanno portato a quella maturità artistica che il pubblico ammira e la critica stima».
Anna Ferrari - ⭐️⭐️⭐️⭐️
Immaginecolore
Silvana Gatti
Critico d'arte
Ho conosciuto i suoi versi tramite il palcoscenico infinito di internet, ed il suo sguardo si è rivelato gioviale e trasparente, anche se la sua poliedricità non nasconde le sorprese tipiche di un personaggio eclettico e dal vissuto interessante.
Lo stupore inizia da un vivace scambio di impressioni riguardo ad una sua opera, “Come le foglie”, da lui concepita per interpretare l’immagine di un albero, ma dal risultato finale di tutt’altro aspetto. Dalle sue mani è nata infatti una figura antropomorfa, che ricorda un pesce fantasioso che emerso dagli abissi marini ostenta una bocca carnosa, icona della moderna chirurgia plastica, che si apre sensuale su un profilo di donna egizia o, se lo sguardo si posa sul lungo collo, tribale. Se avessi dovuto battezzarla, l’avrei chiamata “La sirena afro-egizia”
In ogni statua si condensano mille emozioni di stampo metafisico, in quanto un oggetto è tale per qualcuno ma non per tutti, dal momento che ogni fruitore può intravedervi immagini ed emozioni differenti, a seconda del suo percorso individuale. Nelle sue opere vengono inglobati anche oggetti-icone della nostra era come i cellulari, ormai inflazionati in ogni casa, qui eletti a simbolo di una nuova era, che si addentra nel terzo millennio con tutte le sue contraddizioni ed i suoi interrogativi. E se la moderna genetica un giorno fosse in grado di partorire esseri come questi, metà donna e metà pesce, metà albero e metà sfinge?
Gian Genta, dal canto suo, si limita a crearli per gioco e per passione, forse non conscio del fatto che talvolta la realtà supera la fantasia, come nel caso di alcuni calcolatori di nuova concezione corredati dell’RNA messaggero. E se il futuro vedesse, protagonisti del suo palcoscenico, ominidi dal cervello programmato come un telefonino, o videofonino che sia, si potrebbe dire che il nostro artista ha anticipato i tempi non certo rosei che ci attendono, dove una nuova scienza, forse la “Gene-Informatica”, produrrà nuove manipolazioni dagli sbocchi imprevedibili. Perché, è risaputo, a volte gli artisti sono anche un po’ veggenti.
L’opera ceramica di Gian Genta si ricollega alla scultura del novecento passando per grandi nomi: dai volti dai colli allungati di Modigliani per passare attraverso le esperienze espressioniste dove i visi sono travolti dal dolore e dove l’uso del colore acquista una valenza essenziale nella traduzione degli stati d’animo. Gian Genta, attraverso la ceramica, ripercorre la strada già affrontata nel passato,ma la caratterizza con una particolare forza interpretativa. Le teste al limite della deformazione, sono proiezioni del dolore e dell’interiorità del soggetto che introietta nella propria fisicità il dramma che sta vivendo nell’animo. Che si tratti di un dolore esistenziale o personale non è dato saperlo.
Da qui le espressioni perse nel vuoto,i capi reclinati in segno di sconforto, le bocche aperte in segno di una profonda sofferenza quasi a gridare al cielo la propria disperazione. L’introduzione dello smalto e del colore diviene elemento decisivo nella poetica di Gian Genta. Cromatismi violenti, rossi, gialli, verdi, amplificano il dramma interiore con una trasposizione che assorbe lo spettatore nella tensione della scultura.
Silvia Campese - Critico d'arte - ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Quella di Gian Genta, artista, ceramista savonese di nascita e nel cuore, è una ricerca univoca e continuativa alla scoperta dell'uomo, delle sue origini e del suo io più profondo. Ricerca complessa , turbinosa, spesso travalicante i confini dell'onirico, ma mai distaccata nei suoi assiomi, dalla realtà umana più vera. Dopo i molti anni dedicati all'impegno politico e all'imprenditoria, Gian Genta con il nuovo millennio, si è dedicato interamente, e con pari fervore, all'altra sua grande passione: l'arte. Un interesse e un'attitudine che aveva avuto modo di sviluppare anche in passato, ma che solo di recente ha potuto realizzarsi appieno (parallelamente all'attività letteraria come poeta, con alcuni volumi che hanno riscosso un certo successo di pubblico e di critica). Fondamentale è stata la sperimentazione con la ceramica, favorita dalla frequentazione dell'atelier albissolese di Sandro Soravia; di qui le sue teste, i suoi busti, le sue figure umane, in ceramica smaltata a terzo fuoco ( con una policromia generata naturalmente dall'ossidazione ) per lo più, anche se non mancano soluzioni lignee. Una ricerca intimista palese, un espressionismo non solo formale ma pienamente assimilato e rielaborato secondo parametri di assoluta originalità. E' un primitivismo forte, talora disturbante e grottesco, ma vivo e profondamente vero. Assoluto come si potrebbe definire, nell'essere insieme primi-genio e attuale. Con quei volti che ricalcano quelli di statuette arcaiche e l'inserzione di oggetti tipici della contemporaneità tastiere di computer, piuttosto che telefonini cellulari, uniti in soluzioni biomorfe che sono al contempo critica e visione piena dell'umanità d'oggi.
Silvia Bottaro - ⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️
Storico e critico d'arte
Giorgia Cassini
Critico e curatore d'arte
Gian Genta è un artista che ha scelto la sapienza e la maturità di una tecnica millenaria come la ceramica per proiettare la sua interpretazione del mondo e il suo universo sensitivo esprimendosi attraverso la raffigurazione di volti prevalentemente femminili. Tutte le sue figure hanno un nome,una identità,ma esse non rivelano il mistero della loro origine,lasciando al mistero quello che al mistero appartiene. In ogni opera c’è un’importante concentrazione di emotività ,che partecipa attivamente allo spazio scultoreo tramite una misurata economia delle forme. Ma in queste composizioni niente è fermo ,tutte le opere godono di una intensa dinamica impartita anche dal colore, elemento fondamentale: tenui o travolgenti, le cromie appartengono sempre alla stessa essenza delle opere e non vengono mai sovrapposte alla superficie della forma sin dall’origine del lungo processo alchemico che la ceramica richiede. L’artista propone in ogni ritratto un nuovo sguardo sul mondo, sono volti che interpellano indagando lo spettatore in modo sottile e silente ,ma sempre inquietante e con una grande adesione alla bellezza.
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