Fiori di Ortica

Sono anni che annoto le immagini delle mie storie personali senza mai aver maturato la decisione eroica di passare alle stampe i miei appunti. I gesti di memoria, gli aforismi e le riflessioni date all'editore De Ferrari costituiscono il mio primo libro di pensieri, catalogato nella collana poesia. Fiori di ortica contiene le pagine delle mie emozioni e delle mie impulsività, non castrate dal tempo e disassoggettate agli eventi, una valvola di sfogo spontanea, senza la presunzione che potesse servire ad alcuno se non a me stesso. Mi hanno ispirato i cosiddetti rapporti con le persone che ho conosciuto, la terra in cui ho vissuto ed i "saggi" con cui mi sono confrontato. Mi hanno ispirato le menti migliori del nostro sistema, i galantuomini della fede, i profeti della legge e dell'equità. Mi hanno ispirato i malintesi, le esitazioni, le convention e le persone che non amiamo in quanto tali ma per le loro temporanee virtù. Mi hanno ispirato i fanatici, gli altruisti, gli ambientalisti e gli animali sociali con i loro esempi da portarsi dietro. Mi ha ispirato il mio modo di affrontare la vita che rimane bella nonostante le ripetitive mortificazioni che dobbiamo subire. 

Voglio comunicare

al lettore, quello che mugugna per costruire il proprio futuro, che fa ancora troppi sforzi per vivere e pochi sforzi per pensare, e quando pensa, ragiona ancora secondo Cartesio penso dunque sono, mentre dovrebbe essere più incline al mi basto per quello che sono. Voglio comunicare al lettore, quello del paghi due e prendi tre, di considerare i momenti della vita umana non come un occasione fatta di sconti, ma come versi immediati da consumare scrupolosamente, oggi che abbiamo capito che il mondo è governato non dallo spirito della ragione ma dall'anima del fanatismo e dell'ingordigia. Voglio comunicare al lettore di vivere secondo una filosofia più leggera e più allegra dei cosiddetti uomini d'affari, il mondo può essere trasformato in un luogo più pacifico soltanto quando gli uomini si saranno imbevuti di una più "gaia scienza", meno prolissa meno scettica e meno pessimistica.
 

Stefano Monti Bragadin
Professore associato di Sociologia Politica
Facoltà di Scienze Politiche
Università degli Studi di Genova

Avevo da poco riposte le sofferte bozze di alcune antiche ricerche sul localismo, passate finalmente alla stampa, che una telefonata inaspettata ricongiungeva davanti ai miei occhi vecchi fatti con uno dei loro più vivaci protagonisti. Dall'altro capo del filo, un Gian Genta per nulla piegato dalle tante vicissitudini mi chiedeva di stendere la presentazione del frutto del suo ultimo impegno con lo slancio della sua connaturata espansione; quell'espansione che subito diventa affettuosità intensa verso gli amici di sempre, nonostante il passare del tempo. Certo, più non si trattava dell'ennesima iniziativa che un prorompente temperamento proiettava sulla scena politica ligure; dell'ulteriore intervento di una personalità esuberante, ma anomala, perché mossa da uno spirito impertinente di inveterata indipendenza. Del resto, troppe delusioni, foriere di grandi amarezze e commiste ad un inevitabile isolamento, avevano ormai indotto al rifugio nel privato questo scapigliato esponente della vita pubblica locale; uno che non si adattava all'andazzo dell'ambiente e sfuggiva ad ogni controllo partitico. Il liberalismo originario accanto al libertarismo innato, la scelta leghista sull'ondata della protesta, l'abbandono di questa come già il superamento di quello, il contrasto irriducibile con il modo di operare nei partiti tutti, le insopportabili mortificazioni dell'ideale autonomistico da parte di tante forze locali, non meno che dello statalismo centralista, sono così divenuti retaggio del passato. E' subentrato un lungo, all'apparenza interminabile silenzio, fatto di amare riflessioni e tormentate considerazioni; nella ricerca, talora spasmodica tal'altra pacata, della più profonda genuinità e, insieme, di una migliore conoscibilità degli altri. Ma quante tribolazioni dovevano ancora venire! Così dure e profonde, da fare rimpiangere i peggiori momenti delle lotte e delle delusioni politiche; quando il gioco si fa molto pesante e l'accorta spregiudicatezza dei capi sfugge alla sprovveduta linearità di seguaci ridondanti d'entusiasmo. Via via, allo spirito scanzonato, sempre un po' goliardico, protrattosi ben oltre la più giovane età senza nulla perdere in ardore, è quindi subentrato un realismo intriso di senso critico; esente da preconcetti , dai diffusi luoghi comuni, ma così coesteso alla vita quotidiana da diventare una vera e propria filosofia di vita. La densa raccolta di aforismi qui pubblicata non ha pertanto nulla di saccente; né presenta quell'andamento sentenzioso che troppo spesso appesantisce tale forma di espressione letteraria, infastidendo persino il lettore più che ben disposto. Diviene, anzi, un messaggio di inusitata chiarezza per l'uomo comune; un richiamo alla realtà dell'esistenza, carico di saggezza antica e di indicazioni preziose anche nella dimensione quotidiana. Si direbbe che, qua e là, il sofferto percorso delle considerazioni, finalmente esternate quasi ad alleggerimento dei maggiori pesi dell'animo, abbia finito per fare aggio sulla brevità e sulla concisione di talune massime. Che certi abbandoni evocativi , o certe pungenti toccate, risentano ancora di talune componenti autobiografiche che li sottendono. Eppure, un senso realistico ormai maturo percorre i versi, colpisce il lettore, entra dentro di lui; si offre alla sua meditazione, senza nulla concedere al pessimismo o allo scetticismo. Il discreto e sereno distacco dalle alterne transitorie vicende umane spalanca invece le porte alle esperienze sedimentate; quelle destinate a durare nel tempo e a plasmare il carattere. Non mancano momenti di sottile , fine, puro piacere per chi legge, che certo sono il riflesso dell'equilibrio conquistato dall'autore.
Per nulla isolati e casuali si rivelano gli spunti di delicata, soffusa liricità.. Né mancano i passi sottilmente ironici, in cui tuttavia l'intento derisorio è frutto di gusto intellettuale, piuttosto che di specifico risentimento o malanimo. Di tanto in tanto, in piacevoli descrizioni d'ambiente, angoli, scorci, luoghi della splendida terra di Liguria lasciano trasparire ricordi lontani; e la carezzevole mano dell'artista pare lasciare la penna, divenutagli così famigliare, per passare a magistrali tocchi di pennello.

Agnese Cacciola

"Perle di saggezza" quelle di Gian Genta. Sembrano quasi delle riflessioni annotate sul proprio diario. Appunti per non dimenticare un'esperienza di vita, anche se deludente. Capita un po' a tutti di farlo, prima o poi, ma Genta usa un lucido cinismo, tagliente e preciso. La sua penna si trasforma spesso in un bisturi che squarcia il velo del buonismo patetico, quello capace di mettere a tacere in fretta la coscienza, e poi "incide", senza anestesie, il comportamento umano con schiettezza quasi psicanalitica. Tolto il velo c'è la cruda realtà di noi esseri umani, straordinari, ma anche gretti e limitati. Per intenderci, usiamo un'espressione dell'autore: "Quando devi credere a qualcuno, pensa a te stesso. Intensamente". Gian Genta: aforismi belli come fiori, urticanti come ortica.